Il posto dove lavoro può essere definito più come una “biblioteca speciale” che altro [1]. Si tratta di una biblioteca particolare per via di diversi motivi:
- il pubblico è ridotto, by design: serviamo di fatto 80 studenti e 8 ricercatori, approssimativamente. Numeri bassi, quindi.
- la loro permanenza è breve: gli studenti sono qui per un corso semestrale, e basta.
- la loro carriera passa per l’accademia solo tangenzialmente: nessuna di queste persone (la cui età media è 45-50 anni) proseguirà nello studio, diventerà ricercatore, professore. Allo stesso modo quasi nessuno – le eccezioni sono poche – ha un background accademico che va oltre la laurea.

Per questi motivi noi bibliotecari, nonostante la nostra grande volontà, non abbiamo modo di offrire ai nostri utenti dei percorsi di training bibliografico: non riusciamo a insegnare a utilizzare i cataloghi e i database, e rendere i corsisti indipendenti nella ricerca. Sia perché materialmente non c’è tempo, sia perché questa non è la richiesta principale. Il pubblico vuole, salvo poche eccezioni, “essere servito”. Gli utenti vengono da noi con la loro domanda di ricerca, che noi approfondiamo con la classica intervista di reference, e si aspettano di ricevere un discreto numero di risorse soddisfacenti. Spesso la loro richiesta è “vergine”, cioè non è preceduta da alcuna ricerca preliminare che loro ci chiedono di sviluppare e approfondire; né i corsisti dispongono solitamente di un background di letture già fatte da cui partire, al di fuori dei suggerimenti dati dal curriculum. Insomma si tratta di ricerche basilari, che devono partire quasi sempre da zero. Gli argomenti, infine, vertono solitamente su un range di argomenti molto circoscritto: quella dozzina di “hot topic” affrontati durante i corsi. Noi ci troviamo quindi a dover riutilizzare spesso ricerche già effettuate, “riciclando” i documenti già trovati in precedenza, naturalmente integrandoli con gli aggiornamenti necessari.
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