Pubblicazioni: Mendeley su “Biblioteche Oggi”

Il mio ego è lieto di annunciarvi che sul numero di Biblioteche Oggi di marzo è pubblicato un articolo del vostro affezionatissimo, dal titolo “Mendeley, dal social bookmarking al reference management: uno strumento innovativo per la gestione delle citazioni bibliografiche”. Così, il mio interesse per Mendeley si concretizza in un lavoro illustrativo, che spero possa arricchire la panoramica sui Citation Management Systems in Italia. (Su Mendeley tra l’altro ci sono succose novità che spero di potervi raccontare al più presto).

Visto che non c’è molto da aggiungere a questo annuncio, approfitto per condurvi un po’ nel backstage, e raccontare alcuni dettagli sull’iter della pubblicazione, che i meno esperti (com’ero io fino a due mesi fa) possono essere interessati a conoscere.

L’iter è stato piuttosto semplice: ho inviato tramite email il mio articolo alla redazione, seguendo le linee guida indicate sul loro sito, e nel giro di pochi giorni ho ricevuto un riscontro positivo. Ho quindi provveduto a fornire il testo dell’abstract in inglese. Nonostante di norma il giornale non preveda la correzione di bozze da parte degli autori, prima della pubblicazione mi è stata inviata la bozza impaginata, che comunque non ha richiesto interventi di rilievo. L’intero iter è durato circa due mesi e mezzo.

Come è anticipato nelle linee guida per la pubblicazione, i diritti d’autore vengono concessi all’editore. Hic sunt leones. Immagino la domanda di molti: perché hai accettato questa prassi che da tanti anni tentiamo di scoraggiare? Perché hai proposto l’articolo a Biblioteche Oggi e non a qualche altro giornale che garantisse un trattamento diverso, magari un po’ più moderno?

Ci sono molti aspetti a riguardo, molti dei quali troverebbero una risposta più esauriente ed onesta in una conversazione privata; si potrebbero dire molte cose sulla qualità del giornale, sulla sua importanza, su chi ci scrive; si potrebbe parlare a lungo della letteratura specialistica italiana (avevo pronto un post già da tempo, ma ho preferito tenerlo nel cassetto).

Qui posso limitarmi a dire che ho ritenuto che il mio articolo, per via del soggetto e soprattutto del taglio con cui è affrontato, fosse adatto a quel giornale più che ad altri. Quindi posso dire di avere fatto una scelta consapevole, nonostante alcuni aspetti siano opinabili. Il primo dispiacere è quello di non potervi offrire il testo dell’articolo qui sul sito, prima di discuterne con la redazione. Vedremo gli sviluppi.

Intanto mi godo lo stordimento della prima volta.

AGGIORNAMENTO 16/03/2011: Ho il piacere di informarvi che l’articolo è disponibile pubblicamente su E-Lis, a questo url: http://hdl.handle.net/10760/15428.

Pubblicazioni: Mendeley su “Biblioteche Oggi”

10 pensieri su “Pubblicazioni: Mendeley su “Biblioteche Oggi”

  1. Ciao Enrico,

    come ti dicevo ho apprezzato molto il tuo articolo.
    Pur essendo un vecchio utente di citation manager vari, devo dire che ho da poco abbandonato software “sovietici” come JabRef in favore di mendeley proprio grazie a una tua recensione di qualche tempo fa.

    Quello che invece volevo chiederti è: che percezione hai sull’utilizzo di questi software in italia e (visto che ora lo tocchi con mano) all’estero?

    Mi spiego: nel dipartimento di mia moglie usano refmanager, ma loro sono un dipartimento di statistica.
    Nelle sue lauree precedenti (in ingegneria) non ha mai utilizzato un citation manager e solo per la sua tesi di dottorato ha usato lo stesso del laboratorio.
    Quindi anche in contesto scientifico qui in italia sono conosciuti parzialmente, almeno sino a dopo la laurea specialistica.

    Qui a lettere credo di essere stato l’unico tra tutti i colleghi di laurea triennale, specialistica e dottorato ad averlo usato.

    Trovo spaventoso il fatto che per il dottorato ho dovuto modificare a mano lo stile della citazione perché i formati diffusi altrove (in america, non a canecattì) potevano suonare “strani” al collegio.

    Non voglio passare per esterofilo (non lo sono), ma all’estero avverti vibrazioni maggiormente favorevoli? O forse sono io che ho una percezione sbagliata?

    1. FraEnrico ha detto:

      Ciao, grazie per l’apprezzamento!
      Non è facile rispondere alla tua domanda (specie se al momento di cliccare su “invia” il pc va in freeze e mi costringe a ricominciare!!!)

      Innanzitutto va ricordato che gli strumenti sono “solo” degli strumenti, ossia non sottraggono nulla a un lavoro che fino a qualche anno fa veniva fatto tranquillamente a mano, pur con tutti gli svantaggi del caso. Il fatto che tu sia stato l’unico del tuo corso a usare un RMS secondo me non dice molto sulla dimestichezza tecnologica dei tuoi colleghi, quanto sulla generale consapevolezza della pratica della citazione bibliografica.

      A Oslo e Tallinn su questo ho avuto impressione di grande chiarezza: l’indicazione è sempre quella di usare lo stile APA. In altri contesti, riconosco la propensione al fai da te artigianale – tanto per fare un esempio, per il suddetto articolo su Biblioteche Oggi ho dovuto seguire le linee guide del giornale che non indicano uno stile “ufficiale”, finendo con il formattare a mano le mie – per fortuna poche – citazioni: il colmo per un articolo che parla di Reference Management 😀 Ma questo credo che dipenda dagli ambiti accademici e dalle riviste per cui si scrive; non credo che presso i chimici, per fare un esempio, ci sia questa approssimazione – in nessun paese, giusto per dissipare le impressioni di esterofilia (che questa esperienza per fortuna mi sta facendo passare).

      Per quanto riguarda la mia esperienza ti posso dire che a Torino i software sono molto diffusi, in alcune comunità (medicina, scienze matematiche) più che in altre (discipline umanistiche); a farla da padrone è sicuramente EndNote, ma anche JabRef, RefManager e RefWorks se la cavano. Più che altro c’è ancora molto fai-da-te, ognuno usa quello che conosce o di cui sente parlare: credo che le biblioteche e specialmente i sistemi centrali debbano farsi carico della diffusione di una consapevolezza generale e condivisa, illustrando le diverse soluzioni e promuovendo l’economia e l’usabilità (quindi, va da sé, non EndNote). A Torino da un paio di anni si lavora in tal senso, ma adesso non so a che punto siano. A Oslo, come raccontavo in un altro post, la politica dell’OUC prevede l’acquisto di licenze di EndNote, ma stanno promuovendo l’uso di Zotero.

      Per avere dei dati più concreti, e non basarmi solo sulle “percezioni” o “impressioni” sto tentando di avviare un’indagine proprio qui all’università, spero di poter fornire aggiornamenti interessanti.

  2. elena ha detto:

    complimenti! vado subito a leggere!
    a Torino….. beh endnote, a rilento e a macchia di leopardo. sarebbe bello fare di più, su altri sw. Ai casi che citate voi aggiungo solo che anche gli psicologi usano APA e sono piuttosto esperti su temi e problemi legati alle citazioni bibliografiche.

    1. FraEnrico ha detto:

      Grazie Elena 🙂
      Che gli psicologi usassero APA non avevo grossi dubbi (l’hanno inventato loro 😉 ) così come confido nei medici in generale. Più che altro, tu che stai seguendo la “macchia di leopardo”, mi confermi lo stato delle umanistiche? Come sono messi secondo te, sia per quanto riguarda l’utilizzo dei software, sia circa le abitudini citazionali?

  3. elena ha detto:

    ciao! ho letto e devo dire che mi ha fatto venire voglia di riprendere mendeley. Per la situazione delle umanistiche….. beh occorrerebbe un grosso investimento in termini di tempo e coinvolgimento delle biblioteche, dei docenti ecc ecc ecc….

  4. Franco Bessone ha detto:

    Ciao Enrico,
    ho letto finalmente il Tuo articolo: molto convincente e utile.
    Ho iniziato ad usare Mendeley ma devo ancora impratichirmi.
    Le interfacce sono gradevoli e ho già trovato dei gruppi molto interessanti.
    Ergo…grazie!
    A presto.
    Franco

    1. FraEnrico ha detto:

      Ciao, ti ringrazio dei complimenti. 🙂

      Approfitto delle tue parole per chiarire una cosa che, a giudicare anche da altri commenti ricevuti di persona, sembra sottendere un equivoco, per quanto di poco conto.

      L’intento del mio articolo non era assolutamente quello di “convincere” o “promuovere”; non sono un advisor di Mendeley (anche se mi piacerebbe molto 😉 ). Il mio intento era semplicemente quello di far conoscere uno strumento nuovo. Perché la cosa che più mi ha infastidito in questi anni di lavoro è stato vedere come le scelte operative (quali software utilizzare, che prodotti acquistare, su quali piattaforme investire ecc.) spesso dipendessero più dall’ignoranza delle opzioni che non dall’analisi dei bisogni e delle funzionalità.

      Il mio scopo principale era che Mendeley avesse quella ribalta che finora è stata di prodotti illustri e “ingombranti” come ad esempio EndNote. Questo al di là delle mie preferenze personali e soprattutto con la consapevolezza che i software cambiano e si evolvono a una velocità quasi estenuante: ad esempio Zotero 2.1.1 ha di recente proposto delle modifiche alla sua interfaccia che mi costringeranno a rivalutare nuovamente la mia opinione!

      Quindi anche testare di persona, e impratichirsi, è sempre difficile! Ma queste discussioni servono ad accelerare la chiarezza della visione, e a creare e condividere una “mappa” utile per orientarsi.

  5. Franco Bessone ha detto:

    Caro Enrico,
    se mi sono convinto che valesse la pena di provare Mendeley è anche grazie alle informazioni contenute nel tuo articolo. La mia valutazione dello strumento è stata certamente agevolata dalle tue considerazioni. Nessun dubbio sul fatto che l’approccio fosse scientifico, e non pubblicitario. Stavo cercando una killer app che potesse supplire ai limiti di Zotero, Connotea ed Endnote rispetto alla mia nuova condizione di lavoro: lavorare su macchine diverse, in posti diversi, con browser diversi ma con l’esigenza di avere la propria “libreria” a portata di mano. Questa applicazione non “ucciderà” le altre ma senz’altro sarà d’aiuto.

  6. (in ritardo di svariati mesi)
    Volevo solo aggiungere, per quanto la mia sia solo un’impressione, che nelle materie scientifiche, per ragioni teoriche e pratiche c’è meno attenzione al reference management. Gli scienziati che scrivono in LaTeX (matematici, fisici, ecc.) hanno a disposizione bibtex, che permette di avere in formato testo i metadati in formato “raw”, e poi di usare stili citazionali diversi richiamando dei semplici moduli. La mia impressione è che non gli interessi più di tanto uno stile citazionale particolare: gli stili di default del LaTeX sono molto semplici e semplificati. Io ho avuto l’ardire di scrivere la mia tesi del master in LaTeX, e ho scoperto con orrore e riconoscenza che il modulo per l’APA era stato creato solo pochi mesi prima… Ed aveva grossi limiti.

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