Perché e per cosa (le biblioteche digitali collaborative)

Questo post, che fa seguito al precedente, vuole essere una piccola riflessione riassuntiva di alcune cose dette durante il workshop di Media Library Online “openMLOL. Un portale aperto per biblioteche pubbliche, accademiche, scolastiche”, al convegno delle Stelline. E’ giusto un appunto utile a tenere viva la ricca conversazione, e non è minimamente esaustivo di tutte le cose dette durante la piacevole mattinata.

Nel suo bel libro “How to make sense of any messAbby Covert parla del percorso ideale nel design di un progetto.

Start with Why.

What before How.

How varies widely.

Why What How - Abby Covert
Abby Covert, “How to Make Sense of Any Mess”, 2014

Parafrasando: inizia dal Perché stai facendo questa cosa (scopo, obiettivo). Poi chiediti che Cosa devi fare per raggiungere questo scopo. Infine pensa a Come realizzare questa Cosa (tenendo a mente che c’è più di un modo per farla).

Ogni progetto (lei parla di architettura dell’informazione, ma vale veramente per ogni prodotto, servizio, ricerca) deve partire dal perché: perché lo facciamo, quale scopo vogliamo ottenere. Solo dopo decidiamo che cosa fare (e se fare qualcosa).

Giovedì, alle Stelline, durante il workshop di MLOL, si parlava di biblioteche digitali collaborative, di conversazioni, di che cosa si può fare per realizzarle e come. Abbiamo parlato con molta libertà, stimolati da Andrea Zanni in versione arringatore di folle. Alla fine dell’incontro, Valeria Baudo ha identificato bene uno dei numerosi elefanti presenti nella stanza.

Valeria Baudo tweetIo non ho avuto l’impressione che l’argomento fosse del tutto assente, ma ha fatto bene Valeria a farne una questione di metodo. Lei aveva iniziato il suo intervento proprio ribadendo la necessità di fare precedere l’analisi dei bisogni alla realizzazione delle soluzioni. Non dobbiamo fare l’errore di invertire i termini della conversazione: partire dalle biblioteche digitali (o in generale da un servizio) e poi decidere come usarlo (o lamentarci perché non lo si usa). Non è affatto detto che abbiamo bisogno di biblioteche digitali. Non è affatto detto che abbiamo bisogno di biblioteche cooperative. Il solo fatto che un’idea sembri buona, non vuol dire che sia anche utile.

Anche Agnese Galeffi ha fatto notare che esiste una percentuale di lettori che non è interessata alla conversazione. Sempre Valeria, nel suo intervento del pomeriggio, ha parlato della Regola del 90/9/1: occorre riconoscere che in ogni conversazione esistono partecipanti passivi ma comunque presenti. Lei li chiama “Silenti“, e vanno tenuti in conto.

Io ho voluto fare una provocazione: in alcuni casi la conversazione non serve che avvenga necessariamente nel digitale, ad esempio può avvenire già nelle sale di lettura. Penso ad esempio alla comunità per cui lavoro adesso: un piccolo microcosmo che vive e muore all’interno di un unico edificio. Gli utenti hanno stanze dedicate in cui si riuniscono per i loro progetti comuni. Qui non ha senso offrire uno strumento online per permettergli di conversare: lo fanno già di persona. Le stanze si trovano al piano di sopra rispetto alla biblioteca. Qui non ha senso avere uno strumento digitiale: basta fare una rampa di scale.

Per stemperare il rischio del “tecnoentusiasmo” sterile e autoreferenziale in cui cadiamo a ogni convegno, Andrea Zanni ha scherzato dicendo che lo scopo dell’incontro era fare un intervention psicologico, ripetendo tutti insieme: “le biblioteche digitali collaborative non esistono!”.

Io credo che il workshop di MLOL abbia navigato con entusiasmo sulle possibilità della collaborazione digitale sempre rimanendo al di qua di questo pericolo. Forse ha ragione Valeria a dire che gli interessi degli utenti non sono stati nominati a sufficienza, ma è stata ribadita la necessità di considerarli a priori di ogni discorso.

Come nelle regole di architettura dell’informazione insegnate da Abby Covert, bisogna prima capire che cosa si vuole ottenere, e poi pensare a uno strumento adatto per ottenerla. Mettere in piedi una biblioteca digitale (qualunque cosa voglia dire) prima di sapere per chi e per che cosa equivale a prendere una medicina prima di capire qual è la malattia.

Perché e per cosa (le biblioteche digitali collaborative)

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