Metterci la faccia

Campagna associazioni AIB: bibliotecari certificati
We’re librarians, bitch!

Per pubblicizzare la nuova campagna associazioni l’AIB ha deciso di usare il banner che vedete qui sopra. Quando avete finito di ridere vi spiego 😀

Fatto? Bene, torniamo seri. C’è un motivo molto semplice per cui ho accettato di “prestare il mio volto” a questa simpatica idea. Ve lo spiego raccontandovi un altro fatto analogo.

Qui a UniTo abbiamo lanciato pubblicamente il nuovo servizio di Discovery, TUTTO. Abbiamo deciso di associare al servizio un sistema di live-chat per interagire in tempo reale con gli utenti e fornire informazioni e supporto. Ho insistito affinché gli operatori non comparissero online in maniera anonima, ma fossero identificati da una loro foto.

Live-chat help service
Tipo così.

Le due scelte sono collegate, e partono dalla stessa motivazione. Non è perché sono un vanesio narcisista (non solo almeno). Ma perché sono convinto che la nostra professione, che richiede mediazione e interazione con le comuntà in cerca di informazione, esige che noi agiamo da persone con persone.

Non possiamo più giustificarci dietro la timidezza e nasconderci dietro a un bancone o peggio imboscarci dentro un deposito. Altrimenti non stupiamoci se il mondo continua a perpetuare lo stereotipo del bibliotecario socialmente inadeguato, della zitella noiosa, del nerd che passa il tempo a leggere tanti libri. Ecco, basta.

La nostra professione è sociale. Per dimostrarlo, e per superare gli stereotipi, c’è un modo molto semplice: metterci la faccia. Non è di certo l’unico modo, né il migliore. Ma sono certo che l’ultima cosa che davvero dobbiamo fare è nasconderci dietro l’alibi dell’imbarazzo, come quei colleghi che non osano parlare al microfono per fare una domanda a un convegno. E guarire dall’imbarazzo, come suggerisce anche Aaron Swartz, sarebbe davvero un enorme passo in avanti.

P.S.: un grazie a Agnese Cargini e Lucia Antonelli per la simpatica iniziativa 🙂

Metterci la faccia