EDIT 07/03: articolo aggiornato dopo la prima pubblicazione
Da circa un mese Mendeley ha lanciato la Mendeley Institutional Edition: in sostanza offre alle istituzioni accademiche un pacchetto a pagamento che comprende alcune funzionalità aggiuntive per valorizzare le attività di ricerca dei membri dell’ateneo e consentire un controllo esteso sulle statistiche e trend d’uso.
Una prima analisi delle funzionalità offerte, peraltro molto interessanti, mi ha lasciato un po’ perplesso, pertanto vorrei condividere le mie riflessioni e sperare nelle vostre (vostre: amiche e amici lettori troppo timidi nel commentare, fatevi avanti! Siete i benvenuti! Ci sono i muffin appena sfornati!). Sono sicuro che altri possono avere un’opinione diversa, e non ho intenzione di fermarmi alla mia prima impressione.
In particolare mi riferisco al vero core della proposta, ossia quelle funzioni statistiche e bibliometriche sull’utilizzo delle risorse da parte dei membri dell’istituzione: dettagliate analisi su quali periodici pubblicano di più, quali periodici consultano di più, quali articoli sono letti di più, ecc.
Specifico: le funzionalità in sé mi sembrano molto interessanti e ben fatte. Però mi suscitano delle riflessioni più generiche che esulano dalla proposta di Mendeley Institutional in sé.
Innanzitutto mi chiedo che senso abbia effettuare delle statistiche e delle metriche su un database bibliografico creato dal basso, e quindi potenzialmente incompleto, incoerente, discordante. Mendeley è un database vastissimo, ma non è la Bibliografia Universale. È un database creato, citazione per citazione, dai suoi utenti, come una grande opera di crowd-sourcing (sulla quale Mendeley poi costruisce un servizio commerciale, anche questo meriterebbe una riflessione) che come tale non può garantire precisione ed esaustività. Inoltre, come ricordava M. Fenner in un articolo citato tempo fa, non solo le misurazioni dovrebbero essere fatte da piattaforme diverse da quelle che ospitano il database, ma è impossibile effettuare misurazioni comparative su database diversi se la fonte dei dati non è controllabile.
Inoltre intravedo una difficoltà nell’utilizzo stesso della piattaforma a livello istituzionale. Perché il servizio sia efficiente, a mio avviso occorre che tutti (tutti!) i ricercatori di un ateneo non solo siano presenti in Mendeley (cosa che si può realizzare tramite una creazione massiccia di account a partire da una lista di email) ma anche che siano tutti (tutti!) attivi: ossia che colleghino i proprio articoli al proprio profilo e che aggiornino queste informazioni regolarmente. Inoltre, affinché le statistiche d’uso dei vari periodici (quali articoli vengono più letti) siano affidabili, occorre che tutti (tutti!) aggiornino la propria libreria con gli articoli letti.
Quindi mi chiedo: è pensabile per un’università ottenere questo consenso e questa omogeneità nell’uso pratico dello strumento? Io, da quello che conosco dei flussi interni di un grande ateneo, intravedo uno sforzo organizzativo immenso. Pur con gli innegabili vantaggi che la cosa porterebbe, faccio fatica a immaginare tutta l’università da un giorno all’altro attiva in massa su un nuovo servizio – soprattutto se penso alle enormi difficoltà che gli atenei hanno sempre avuto nello spingere i propri membri a pubblicare negli archivi istituzionali, per non fare che un esempio.
Ho come l’impressione che a Mendeley abbiano pensato a questo prodotto senza avere una chiara idea di quanto siano complesse ed eterogenee le dinamiche organizzative di una grande università che conta due o tremila membri fra docenti e ricercatori.
Per concludere non nego, a giudicare dalla prima fugace impressione che ho avuto, che le funzionalità proposte siano interessanti o utili; ma credo che possono essere veramente efficaci solo se alla base ci siano una consapevolezza e una strategia che comprendano, allo stesso livello di partecipazione, tutti (e lo ripeto per l’ultima volta: tutti!) i membri dell’istituzione.
L’iniziativa è giovane, e vedremo quali atenei risponderanno, in modo da smentire queste mie preoccupazioni.
I miei dubbi sono maggiori. Non riguardano solo l’esaustività, l’esattezza dei dati. Non solo considero che troppo facilmente delle (più o meno accurate) interpolazioni statistiche di dati (inficiati dai dubbi appena citati) rischino di portare a valutazioni bibliometriche che non sono né positive né auspicabili (non ho ancora avuto l’opportunità di riconsiderare il mio punto di vista estremamente negativo sulla bibliometria, che mina gravemente la costruzione di una rete del sapere così come da sei secoli la stiamo costruendo).
Il mio dubbio maggiore consiste nel fatto che questo strumento, offerto dietro compenso, si serve di dati raccolti grazie alla libera e gratuita contribuzione di privati (mercificando dunque una costruzione collettiva, così come CDDB). E che per garantire una corretta rappresentazione dei suoi dipendenti, un’istituzione deve quindi spingerli a contribuire alla banca dati, pagando due volte l’analisi bibliometrica: una prima volta quando acquista Mendeley Institutional Edition, una seconda volta quando i suoi dipendenti impiegano parte del loro tempo lavorativo per fornire i dati che li riguardano a Mendeley. Considerando che tutto ciò viene fatto per ottenere analisi bibliometriche, mi sembra che decisamente il fio sia eccessivo.
Questa situazione non fa che confermare, è interessante cogliere lo spunto per rilevarlo, il grave squilibrio che colpisce la nicchia presa in considerazione. Il compito di diffusione dell’informazione ricade infatti sull’autore del contributo, e si conferma ancora una volta la situazione di gravissime mancanze da parte degli intermediari, gli editori. Essi non tengono minimamente in cale le necessità del pubblico in quest’ambito, fanno spesso sottostare gli autori a condizioni talvolta persino vessatorie ed avanzano, incoscienti, verso un baratro nel quale probabilmente precipiteranno con grandi strepiti.
Esatto, esprimi delle preoccupazioni assolutamente condivisibili. Personalmente non sono così apocalittico, nel senso che non vedo Mendeley come un possibile e affidabile base di bibliometrie ufficiali; penso (forse ingenuamente) che lo scopo di Mendeley sia semplicemente quello di fornire uno strumento di monitoraggio all’istituzione. Poi come ho scritto lo trovo un progetto un po’ goffo.
Però rimane valida l’ombra che intravedi tu, che alla fine è lo stesso “baco” della pubblicazione scientifica: tu mi fornisci una piattaforma per fare scienza (ad es. gli editori delle riviste), e poi mi rivendi il risultato. Sono meccanismi da cui bisognerebbe veramente cercare di uscire.
Non ho mai posto però questi problemi a quelli di Mendeley, sarei curioso di sapere come rispondono.
[…] Mendeley si è sempre distinto come un prodotto eccellente, usabile, efficiente, e pure se con qualche perplessità è sempre stato visto come una piacevole realtà del mondo della letteratura scientifica. Inoltre […]