Una delle strisce umoristiche più abusate nel web a tema biblioteche è quella di Charlie Brown disperato per non aver restituito in tempo un libro alla biblioteca, e teme per le terribili punizioni che può ricevere.
Quella striscia è una cazzata.
D’altra parte lo stereotipo della biblioteca è sempre stato quello di una austera istituzione più severa della scuola e più rigorosa di un tribunale. D’altra parte, perché voler sfatare questo stereotipo?
Questa vignetta innocente è circolata talmente tanto da trasformarsi, dalla simpatica e scherzosa palla di neve che era, a una valanga di idiozia. Persino la metà pigra dei bibliotecari la ricicla ancora regolarmente, come se non sapessero loro per primi che non è più attuale, che non fa più ridere, che getta vergogna e derisione su una categoria già condannata dal discredito pubblico e dall’irrilevanza.
Ci sono due modi per reagire a questa retorica. La prima è indignarsi – come sto facendo io, infantilmente.
La seconda è quella dei genii veri, in particolare di Jason Shiga, che prende questo luogo comune delle “library fines” e lo sorpassa a destra ai 200 all’ora facendo ciao con la mano.
In “Bookhunter” (Sparkplug Comics, 2007) Shiga confeziona un thriller anni 70 in cui il reparto dell’FBI che si occupa di biblioteche (esatto: wtf!) dà una spietata caccia all’uomo a un ladro di libri che ha sottratto alla Oakland Public Library un prezioso testo antico.
Pur restando al di qua delle innovazioni linguistiche di Demon o Meanwhile, in una gabbia tutto sommato standard Shiga costruisce un action movie tesissimo, dal ritmo martellante, che non ha mai cali, che non rinuncia a nessuno degli ingredienti dei polizieschi pulp: inseguimenti, sparatorie, botte, sangue, frasi secche e dure dette da gente che non ha tempo da perdere – altro che bibliotecari! Ma al linguaggio del crimine, del traffico d’armi, della droga, sostituisce quello delle biblioteche anni 70: cataloghi a schede, tessere di prestito, tornelli allarmati, nastri magnetici, e il reparto di scientifica forense è esperto di carte, rilegature, inchiostri.
Quando la retorica infesta una conversazione, l’unica soluzione è abbracciare quella retorica e portarla a eleven in un parossismo talmente irrealistico da renderla finalmente interessante, nuova. Shiga lo fa, e ci regala la più bella storia investigativa ambientata in una biblioteca dai tempi del Nome della Rosa.
Il suo libro è del 2007, e non capisco perché Coconino Press non lo abbia ancora tradotto: chiamatemi e ve lo faccio io gratis ma fatelo, vi prego.
E per favore, non condividete più le strisce di Charlie Brown sulle biblioteche, perché hanno veramente rotto il cazzo.